domenica 6 dicembre 2015

Io l’ho conosciuta la Callas

 

callas

Quello che io e Paola Cortellesi abbiamo voluto fare con questo spettacolo è ridare credibilità a Maria Callas, una donna che è stata colpita e giudicata per la sua vita privata ricca di passioni e vicende impossibili.

Per troppo tempo la critica è entrata a piedi giunti nelle sue vicende, nei suoi affetti personali; quindi io e Paola abbiamo cercato di metterci in pari con la cronaca, raccontando quel che è successo in quegli anni travagliati e interpretando proprio Maria Callas e Giovanni Battista Meneghini: i principali protagonisti, insieme ad Onassis, di questa favola al limite del grottesco e dell’assurdo.

Qui un brano del nostro copione.

Il resto lo potrete vedere qui  Callas su Rai 1

Dario Fo: Io l’ho conosciuta la Callas.
Io me la ricordo Maria, avevo vent’anni quando l’ho vista per la prima volta, ero alla Scala qui a Milano, mi trovavo, insieme ad altri compagni dell’Accademia di Brera in palcoscenico, arrampicato su un’impalcatura: stavamo rinfrescando le scenografie e in quel momento ecco che sotto di noi passa una ragazza che tranquillamente attraversa tutto il palco come se stesse passeggiando in piazza.
E io, di lassù, subito mi sono messo a gridare: “Ma sei pazza? Che fai, incosciente?! Passi qua sotto? Qui stanno spostando dei tiri con appese tonnellate di materiale, se si stacca una di quelle sagome ti schiaccia. Ma dove vuoi andare?!”

Paola Cortellesi: “Mah… io andavo in proscenio perché ho una prova con il Maestro d’orchestra”.

Dario Fo: “Corri via di lì!” In quel momento ecco che arriva il direttore di scena e le offre il braccio e le dice: “Venga via signora Callas!” e la porta in proscenio.
Dopo un po’ la sentiamo cantare. Era stupenda. Noi ragazzi di lassù scendiamo dall’impiantito e quatti quatti ci mettiamo in quinta ad ascoltarla, era qualcosa di incantevole… una voce incredibile, al punto che non era ancora finito il pezzo che noi siamo esplosi in un applauso scrosciante.
Il direttore fuori di sé: “Ma come vi permettete?! Interrompere una prova! Chi siete voi? Fuori di qua!”.

E ci ha cacciati via come fossimo dei guardoni assatanati.

“Dario Fo”

Callas su wikipedia

sabato 5 dicembre 2015

The Best Of Web 2015

 

the best

Statistics Compilation:
Musics: 7
Videos: 506
FX Sounds: 365
Work Hours: 260

Music in Order:
1- Angels Of Destiny - Really Slow Motion
2- From Now On - Worakls
3- Reykjavik - Joachim Pastor
4- Coeur De La Nuit - Ferdinand Dreyssig & Marvin Hey
5- Monody - The Fat Rat (Feat. Laura Brehm)
6- Adventure - Maurice Lessing
7- Levitate - DJ Abbic

Luc Bergeron:
Montréal, Canada

The playlist of 506 videos used for BOW8

 

venerdì 4 dicembre 2015

Peppeniello

 

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È morto Luca De Filippo, il “carissimo amico” di Eduardo.

Prendersi la confidenza, a Napoli, significa diventare invadenti, quasi maleducati; dire e fare cose che non abbiamo il diritto né di dire, né di fare. Chiamare qualcuno per nome, per esempio, è “prendersi la confidenza”. Ma quando quel qualcuno è un qualcuno conosciuto, famoso per qualcosa, chiamarlo per nome è un dovere: perché riconosce il suo stato, quello che ha fatto, chi è diventato. E quindi è un dovere per i napoletani chiamare Luca De Filippo solo Luca. Così come è un dovere chiamare Eduardo De Filippo Eduardo, Massimo Troisi solo Massimo, Antonio De Curtis solo Totò. E basta questo per capire chi fosse, veramente, Luca De Filippo. Per dire cosa rappresentasse.

Era nato a Roma. Ma era pure napoletano, nato e cresciuto sui palchi, dietro le quinte, vicino al padre mentre scriveva, recitava, andava in tournée per teatri. Ricordarlo oggi solo come “il figlio del grande Eduardo” è una carognata. Un’ingiustizia. Mancanza non solo di tatto ma pure di conoscenza. Perché per Luca la memoria di suo padre non è mai stato qualcosa con cui fare i conti e confrontarsi; era, invece, un punto da cui partire.

Ha portato in giro per teatri le commedie di Eduardo e di Scarpetta, ha interpretato tanti grandi autori, ed è stato sempre sé stesso; ha lasciato che anche altri potessero rappresentare le opere di suo padre, senza intervenire, senza mai dire la sua. Era un capocomico, un attore dialettale. Con gli anni, si era appesantito, era cambiato; il fisico asciutto di quando interpretava Tommasino accanto ad Eduardo era scomparso, leggermente piegato alle spalle dall’età. Il viso si era incavato. Erano usciti fuori gli zigomi, e la fronte, nella stempiatura dei capelli, si era fatta alta. Quando parlava, parlava con la voce di Eduardo.

L’ultima volta che l’ho visto, durante la prima de La Grande Magia al teatro San Ferdinando di Napoli, sono rimasto sinceramente stupito: perché quello che vedevo sul palco, che si muoveva, che sgranava gli occhi, che apriva la bocca e muoveva le mani, era Luca ed era anche, allo stesso tempo, Eduardo. La dignità dell’attore, del regista e del drammaturgo. Gli occhi che si chiudono, le pause che vengono recitate; il pubblico che sta lì, il fiato sospeso, rapito.

Luca esordì giovanissimo, a sette anni, nel ruolo di Peppeniello in Miseria e Nobilità. Quando venerdì s’è diffusa la notizia della sua morte, sono andato subito a recuperare il video, un bianco e nero tremolante e una pessima messa a fuoco in cui si riconosce Eduardo solo per la voce – ripete a intervalli quasi regolari “è vero” – e per certi movimenti che fa con la testa, le mani e le spalle.

«Luca stasera farà Peppeniello in Miseria e Nobiltà», dice De Filippo; accanto a lui c’è un bambino di sette anni che ha perso tutti i denti. «Avrà pure lui la stessa pedana di lancio», perché era una tradizione iniziare così, con Miseria e Nobilità e il ruolo che Scarpetta scrisse per uno dei suoi figli, Vincenzo. «È preparato ma non è un ragazzo prodigio. È un ragazzo come tutti quanti gli altri. Però ha vissuto con il suo papà, dietro le quinte, ha vissuto accanto a me quando scrivo le commedie, lui mi fa compagnia. Ed è stato veramente un dono che io ho avuto dal Signore. Perché veramente è un mio carissimo amico, questo qua». Un buffetto sulla testa e la platea dell’Odeon di Milano, anno 1955, applaude.

Si ripetono le opere, gli impegni; si ripetono chi era, con chi era sposato, figlio di quale scuola fosse. E quello che dovrebbe essere un momento per omaggiare, diventa un momento come un altro: grigio, didascalico, opaco. Luca era uno dei grandi del teatro non solo napoletano, ma italiano. Era un gigante, come suo padre. Dava voce a quella tradizione che ci è tanto cara, a quelle opere che ci hanno tenuto e ci tengono compagnia, riproposte a intervalli regolari in televisione. Era uno che, per Napoli, si spendeva e si impegnava. Faceva di tutto per aiutarla. Ed è così che Luca andrebbe ricordato: per chi era, per quello che faceva; non per chi di era il figlio.

  • Gianmaria Tammaro   30 novembre 2015
  • Napoletano convinto dal '91. Scrive di cinema, serie tv e fumetti. Gli piace Bill Murray. Il suo film preferito è Ricomincio da tre.

da IL POST

giovedì 3 dicembre 2015

Natale alla Casa Bianca

 

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Come ogni anno Michelle Obama, moglie del presidente statunitense Barack Obama, ha invitato alla Casa Bianca i figli di alcune famiglie di soldati americani per presentare gli addobbi che la decoreranno per le feste di Natale e Capodanno. A Timeless Tradition è il tema delle decorazioni di quest’anno, che sono particolarmente scintillanti e sfarzose. In tutto ci sono 62 alberi di Natale (il record precedente era dei Clinton, con 36), una riproduzione della Casa Bianca in panpepato e cioccolato del peso di 200 chili, statue giganti di Schiaccianoci e orsetti, 56 finti pupazzi di neve nel Giardino della First Lady – ognuno ispirato a uno stato americano – e un totale di 70 mila gingilli.

da The Post

2015 White House Christmas Decorations

L’albero di Natale ufficiale, che si trova nella Stanza Blu della Casa Bianca, è un abete di oltre cinque metri, con decorazioni bianche, rosse e blu e avvolto da un nastro ricoperto di messaggi di ringraziamento ai soldati e alle loro famiglie.

2015 White House Christmas Decorations

Tre stanze in particolare sono state decorate da stilisti scelti da Michelle Obama. Nella stanza Vermiglia, lo stilista nigeriano Duro Olowu ha preparato un albero fatto di conchiglie e orsacchiotti in patchwork vintage.

2015 White House Christmas Decorations

mercoledì 2 dicembre 2015

Il Bacio

 

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…il ragazzo coperto dal mantello, col berretto calato sugli occhi, il viso in ombra e un pugnale nella cintura, suggerice l'idea di un cospiratore o un rivoluzionario. Il piede sullo scalino, come se dovesse scappare e l'ombra dell'uomo misterioso tagliato fuori dall'immagine (come se ci fosse qualcuno ad aspettarlo: un complice?) fanno pensare a un delitto o un'azione violenta, o a una fuga, insomma al dettaglio di una storia che sembra un soggetto per il teatro (o, se fosse contemporaneo, per un film storico). Per contrasto al dinamismo della figura maschile, la ragazza è completamente abbandonata, il corpo arcuato all'indietro e la mano che sembra più aggrapparsi che abbracciare.
Raffinatissimo e di grande effetto il contrasto tra il rosso e l'azzurro, dei riflessi luminosi della seta dell'abito della fanciulla e dell'opacità e consistenza del mantello del ragazzo.

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Il bacio è un olio su tela di 112 × 88 cm, realizzato nel 1859 dal pittore italiano Francesco Hayez su commissione di Alfonso Maria Visconti di Saliceto, che alla propria morte lo regalò alla Pinacoteca dell'Accademia di Brera, dove è conservato ed esposto.  Oltre a questo dipinto, l'artista realizzò nel tempo tre repliche con lo stesso soggetto, con piccole modifiche fra l'una e l'altra, delle quali due versioni sono in collezioni private ed un'altra, in cui il vestito della donna è bianco, fu realizzata nel 1861 per la famiglia Mylius ed è stata venduta all'asta il 12 novembre 2008 da Sotheby's a Londra per 416 000 sterline

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Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni ’20, rielaborando l'immagine del quadro di Francesco Hayez Il bacio, creò l'immagine dei due innamorati della tipica scatola blu dei Baci Perugina.

http://www.gallerieditalia.com/hayez/

martedì 1 dicembre 2015

Una notte come tante…

 

Natale eccolo qua

'Eccolo qua il Natale (una notte tra tante)', la canzone di Natale che Cesare Cremonini ha scritto per Radio Deejay.

Il brano scritto per le Feste Natalizie della radio, di cui esistono due versioni una interamente cantata da Cremonini e una cantata dagli speaker di Radio Deejay (Luciana Littizetto, Fabio Volo, Alessandro Cattelan, Linus e molti altri) e Cremonini, sembra essere già diventata la canzone del Natale 2015. Il ricavato delle vendite della canzone sarà devoluto dalla radio interamente ai bambini del Dynamo Camp.